Lo avrete letto tutti, in questi giorni. Un secolo fa, nel novembre 1915, Albert Einstein aveva già intravisto l’esistenza di queste piccole increspature del tessuto dello spazio-tempo, che permeano tutto l’universo. Ci è voluto però un altro secolo di ricerche e sperimentazioni perché la sua ipotesi fosse scientificamente confermata.
Sin ora, infatti, con gli strumenti a nostra disposizione risultava impossibile riuscire a decifrarle. Perché, noi stessi e gli strumenti scientifici, siamo immersi a nostra volta nello spazio-tempo e siamo coinvolti dalle sue oscillazioni.
Proprio per questo, ci dicono gli scienziati, il processo di fusione dei due buchi neri responsabile delle onde gravitazionali rivelate 3 giorni fa, è un evento accaduto a 410 megaparsec da noi. Risale quindi a quasi un miliardo e mezzo di anni fa.
Le onde gravitazionali sono prodotte dal movimento nello spazio-tempo di corpi dotati di massa. Qualsiasi corpo.
Questo significa che ogni volta che ci alziamo dal letto, che camminiamo, che spostiamo un oggetto, produciamo onde gravitazionali.
Naturalmente, più un evento è di vasta portata, più grandi sono le onde gravitazionali che produce. Eventi colossali come il Big Bang, lo scontro tra due buchi neri, la danza di avvicinamento di due stelle di neutroni che ruotano rapidamente, emettono straordinarie quantità di energia. Maggiore, quindi, è la grandezza delle onde gravitazionali che producono.
In rete, sul sito PHD Comics questa scoperta epocale viene spiegata e illustrata da video e fumetti. Mi hanno colpito queste parole:
“Immagina di essere stato sordo per tutta la vita… finché un giorno il tuo udito viene ristabilito. Saresti in grado di rapportarti con l’universo in un modo del tutto nuovo. Ecco perché rilevare le onde gravitazionali è così importante: è un modo completamente nuovo di studiare l’universo.”
Parole non dissimili da quelle utilizzate da Szabolcs Marka, uno dei molti scienziati che ha collaborato alla scoperta, nella sua dichiarazione al New York Times:
“L’astronomia è sempre stata associabile a un occhio. Ora finalmente le sono cresciute le orecchie. Non abbiamo mai avuto orecchie prima”.
La straordinaria scoperta non è solo l’ennesima conferma sperimentale della validità della Teoria della Relatività Generale di Einstein, ma rivoluziona e amplia il mondo della fisica e della ricerca cosmologica.
Sin ora, ad esempio, lo studio del cosmo è stato realizzato attraverso i segnali emessi da stelle e galassie nello spettro elettromagnetico (luce visibile, raggi X e gamma, infrarossi, ultravioletti, onde radio di varia lunghezza d’onda). La prova dell’esistenza delle onde gravitazionali ci apre a un mondo nuovo: oltre che osservare l’universo saremo in grado di “sentirlo” nella sua essenza più fondamentale, lo spazio-tempo.
Albert Einstein ha scritto:
“La cosa importante è di non smettere mai di interrogarsi. La curiosità esiste per ragioni proprie. Non si può fare a meno di provare riverenza quando si osservano i misteri dell’eternità, della vita, la meravigliosa struttura della realtà. Basta cercare ogni giorno di capire un po’ il mistero. Non perdere mai una sacra curiosità.” (Archivio Einstein 38-228)
È certo che per la scienza l’11 febbraio 2016 sarà una data che avrà un capitolo a parte in tutti i libri di testo.
A questa splendida impresa collettiva hanno collaborato 1.004 ricercatori appartenenti a 133 istituzioni scientifiche di tutto il mondo. Credo che anche questo sia un fatto che dà particolare sostanza all’importanza di eliminare barriere, di unirsi, di collaborare perché l’umanità possa continuare a evolversi.
Niccolò