In occasione della tradizionale festività del Vesak in cui si commemora la nascita, l’illuminazione e il parinirvāṇa del Buddha storico l’Unione Buddhista italiana ha organizzato la diretta streaming dal titolo “Torniamo a vivere”, un’occasione di riflessione comune sulle conseguenze della crisi dovuta al Coronavirus sul nostro modo di vivere.
Alla tavola rotonda virtuale, hanno preso parte diversi esponenti del mondo della società e della cultura italiana: Umberto Angelini, membro del Comitato Scientifico Triennale Milano, Niccolò Branca, presidente del Gruppo Branca International Spa, Gabriele Eminente, direttore generale di Medici Senza Frontiere, la giornalista e scrittrice Grazia Francescato, già presidente dei Verdi Italiani, lo psicanalista, saggista e accademico, Massimo Recalcati, Damiano Rizzi, presidente della Fondazione Soleterre, Cesare Zucconi, segretario generale dalla Comunità di Sant’Egidio.
Ad introdurre i lavori Filippo Scianna, presidente dell’Unione Buddhista Italiana che ha posto l’attenzione sull’importanza dello scambio e della condivisione di idee. “Sentiamo la necessità di conoscere, offrire, fare rete con persone che, pur non essendo buddhiste si adoperano in diversi contesti per testimoniare valori quali saggezza, compassione, generosità, amore per i più indifesi. In questo momento storico abbiamo bisogno di testimoniare il nostro essere buddhisti guardando oltre la nostra identità. E di ascoltare i punti di vista di persone la cui esperienza può arricchire la nostra visione e la nostra pratica e offrirci degli stimoli”– rimarca Scianna.
In questo difficile momento storico quale può essere il contributo che il Dharma può offrire alla società e a tutti coloro che non sono buddhisti? Sicuramente “un’occasione di riflessione profonda rispetto a una dimensione di senso dell’esistere. Una riscoperta del valore della vita che muove dalla fragilità della stessa piuttosto che da una esaltazione del vivere per il vivere e basta. Nella discussione su come ripartire dopo questa pandemia non potremo circoscrivere i rimedi a un vaccino o a una manovra economica e quando diciamo che torneremo più forti di prima bisogna dirsi chiaramente che non eravamo per niente forti prima. Che la normalità di prima a cui tanti aspirano era uno scenario drammatico di una società stanca, in piena decadenza e corrotta nei propri valori in cui il metro di giudizio del valore delle persone era dato da ciò che le persone hanno piuttosto di ciò che sono. Se utilizziamo come unici indicatori dello stato di un paese il PIL o lo spread è segno che stiamo vivendo una crisi profonda del senso dell’esistere” – continua Scianna.
Il presidente dell’Unione Buddhista Europea Ron Eichorn ha portato i suoi saluti ricordando come sia “molto importante ricordare a noi stessi di essere sempre buoni e gentili anche nelle situazioni più difficili, quando siamo tentati di essere ansiosi, nervosi, quando ci preoccupiamo o ci arrabbiamo” .
Attraverso la tavola rotonda si è cercato di immaginare un nuovo paradigma per convivere con la fragilità, per ripensare il nostro sistema di vita sul pianeta e immaginare nuove relazioni sociali. La ripartenza è e deve essere un’occasione per reinventare i luoghi dello stare insieme, della musica, dell’arte, della cultura del pensiero e dello spirito.
Grazia Francescato ha evidenziato come “proprio nel “tornare alla normalità” post emergenza Coronavirus sia insito l’errore”. Ricordando le parole dell’ex Ministro ambientalista francese Nicolas Hulot il quale sostiene come “la crisi è un avatar che mette in luce i nostri eccessi” la scrittrice ha invitato a resistere alla tentazione di un salto all’indietro. “Il dopo deve passare attraverso un “matrimonio che s’ha da fare” tra ecologia e economia che non è la green economy la quale non mette in discussione il sistema volto a una crescita senza limiti”. Per Francescato dentro la crisi c’è l’opportunità di una conversione ecologica dell’economia e della società così come sostenuta agli inizi degli anni novanta da Alex Langer. Ne viene quindi la necessità di un salto di qualità della coscienza collettiva; “questo – per l’ex leader dei Verdi italiani- è il tempo della cura gentile, ossia essere custode con senso di responsabilità che deve essere riscaldata dall’amore”.
Sarebbe terribile, una tragedia nella tragedia, se non imparassimo qualcosa da questa pandemia. E’ stato questo l’incipit dell’intervento di Massimo Recalcati. Egli ha messo al centro del suo intervento il pensiero sulla libertà; prima della pandemia dominava l’idea neo-liberale di libertà vissuta come dichiarazione di ego che si è frantumata di fronte al virus. L’esperienza vissuta “ci ha insegnato a riscoprire la radice più profonda della libertà. Nessuno si salva da solo: libertà-solidarietà. Recalcati ha inoltre ricordato come “nella quarantena abbiamo fatto esperienza della libertà come solidarietà. La mia chiusura non mi isolava dagli altri, ma mi poneva un’esperienza etica di solidarietà”. Il Professore ha posto al centro della sua riflessione l’antropocentrismo: “abbiamo vissuto l’esperienza che la nostra potenza che pensavamo essere al centro della terra si è ribaltata in impotenza anche perché abbiamo superato dei limiti manifestando una violenza ecocida. Noi non siamo padroni di questa terra”. Passando al tema della scuola egli ha invitato a liberarla dall’ideologia neoliberale; “la scuola è quella straordinaria comunità dove si dà forma alla vita e all’educazione resa possibile da una laicità quale apertura all’ignoto”.
Niccolò Branca ha ricordato come “è nell’equilibrio che si trova la verità”. Egli ha ricordato come primo obiettivo sia la necessità di capire la coscienza dell’umanità. “Se vogliamo cambiare è necessaria una ri-evoluzione che porti alla capacità di sviluppare la consapevolezza”. Per l’imprenditore “la sostenibilità deve essere allargata anche a quello che è il sociale” e si è dichiarato confidente rispetto ai prossimi cambiamenti in meglio della società. Ciò può avvenire attraverso “l’aumento di presa della consapevolezza da parte delle persone, la capacità di accettare il presente senza lamentarsi, la consapevolezza della nostra fragilità” perché “la vita è una ricerca autentica dell’armonia; è l’energia dell’amore che ti fa sentire parte del tutto”
Cesare Zucconi ha sottolineato come siamo rimasti colti impreparati da questa emergenza e la domanda oggi è come “torniamo a vivere?” “non archiviamo questo tempo come una parentesi infelice. Dobbiamo mostrare invece la necessità e l’urgenza di un cambiamento a tutti i livelli. La morte si è affacciata con prepotenza e tutti abbiamo scoperto la nostra fragilità Una grande scoperta di questi mesi è che siamo tutti sulla stessa barca. Alcune più fragili, altre più solide ma tutte vanno incontro a difficoltà. Dobbiamo prendere coscienza alla comune appartenenza alla famiglia umana”.
“I tempi straordinari che abbiamo vissuto chiedono pensieri straordinari. Per questo è fondamentale un ripensamento del paradigma economico e della sua riduzione a rendita” , ha evidenziato Umberto Angelini. E’ necessario “ripensare l’identità delle città e sottrarle a un’esclusiva esperienza commerciale”. Un aspetto importante è che “noi siamo stati spettatori della sottrazione del corpo e allo stesso tempo abbiamo condiviso la socialità come non mai. Per Angelini “l’aspetto deleterio dovuto alla chiusura dei teatri sta nel vuoto di relazioni che invece si crea ogni volta, in platea, tra sconosciuti. Per questo per il Sovrintendente del Teatro Grande di Brescia vi è “la necessità di una radicalità di senso collettivo”.
“Il primo aspetto emerso con l’emergenza Coronavirus è stata la vulnerabilità del singolo che è diventata poi della collettività: la pandemia ha minato il nostro senso di invincibilità”, è stato l’accento posto da Gabriele Eminente. Covid -19 ha portato alla consapevolezza tra interesse pubblico e interesse del singolo; per questo Eminente auspica “che tutto questo ci porti a una maggiore solidarietà e compassione”. Egli ha ricordato come veniamo da anni terribili, anni in cui l’egoismo è stato sdoganato ed ha fatto espresso riferimento alle morti avvenute in mare. Parlando dell’esperienza di Medici Senza Frontiere Eminente ha ricordato come il loro primo impegno nelle “zone rosse” è stato rivolto alla protezione del personale sanitario. “L’auspicio è che la pandemia ci aiuti a riportare alla mente come il diritto debba prevalere sugli interessi privati”, ha concluso l’esponente di MSF.
“Non c’è un modello di equilibrio. Non tutti partiamo dallo stesso punto di partenza” ha osservato Damiano Rizzi. Parlando dell’esperienza condotta in prima linea – presso i reparti di terapia intensiva, rianimazione e pronto soccorso del Policlinico San Matteo di Pavia – con il team di 15 psicologi appartenenti a Fondazione Soleterre ha ricordato come in soli due mesi e mezzo vi siano stati in quella struttura 1200 ricoverati e 400 morti. Rizzi ha evidenziato come non fosse più possibile camminare per i reparti, con una geografia dell’ospedale completamente cambiata. “Come psicologi abbiamo cercato di ricostruire la vita di quelle persone di cui dovevamo dare notizia della morte ai loro partenti. Ci siamo trovati a chiamare parroci e sindaci per capire chi era quella persona. Grazie a una poesia ho trovato il senso di quanto avveniva «l’idea di continuare a sognare pur di fronte ai morti». Per questo per Rizzi “chi è uscito indenne da Covid 19 deve fare qualcosa per gli altri. Dobbiamo ricreare la fiducia con comportamenti costruttivi e riparativi. Dobbiamo essere disponibili a fare qualcosa per continuare a sognare al di là dei morti”.